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Crisi
del bipolarismo La minaccia alla democrazia Perché
un sistema maggioritario possa funzionare, prima di una buona legge
elettorale, serve una visione comune della vita politica e dei suoi valori. I
paesi anglosassoni, esempi classici dei sistemi elettorali maggioritari,
hanno avuto alla loro base un’identità indiscussa ed indiscutibile che ha
consentito quell’alternanza secolare e pacifica fra le principali forze
politiche, perché legata ad un medesimo riferimento storico e nazionale.
Eppure la stessa Inghilterra appare oggi come ingessata da questo suo sistema
ed un successo alle presidenziali statunitensi di Trump, potrebbe persino
compromettere l’unità del vecchio partito repubblicano statunitense.
L’articolazione delle posizioni e la complessità sociale, hanno messo in
difficoltà anche le coesioni più affidabili dei partiti tradizionali, come
quelli che si conoscono nella democrazia americana. Mentre in Gran Bretagna è
già emerso un fenomeno come Farage. Il sistema maggioritario ha avuta molte
più difficoltà ad affermarsi nel continente europeo, dove i trascorsi
politici nazionali sono molto più burrascosi, basta pensare che solo in
Italia per decenni metà dell’elettorato si è rivolto al modello sovietico e
non a quello occidentale come punto di riferimento. Il tentativo di voler
fare come nelle democrazie anglosassoni successivo al crollo del muro di
Berlino, aveva sua una ratio, non fosse che più o meno a cavallo di quegli
stessi anni i sistemi maggioritari esistenti iniziavano ad essere messi in
discussione. Quando Veltroni e Berlusconi lanciavano la loro idea di partito
unico, si trovavano un consenso minato alla stessa radice. Semplicemente non
si sono voluti accorgere, presi dall’entusiasmo della novità, che Tony Blair
aveva persino promesso il proporzionale al popolo di sua Maestà, o che Angela
Merkel governava tranquillamente da dieci anni affidandosi a quel sistema.
Ora, entrambi i grandi partiti italiani, vivono e hanno vissuto una
frammentazione posta alla base dell’instabilità politica del sistema
provocando non solo la caduta dei governi legittimi, ma persino
l’instaurazione di governi avulsi dalle prese di posizioni dell’elettorato.
Per questo hanno ragione coloro che parlano di una minaccia al cuore della
democrazia, ma non per le riforme volute dal governo Renzi, che sono in
discussione, e sempre le stesse, da più di 15 anni, ma perché ancora non ci
si vuole accorgere, dei danni procurati dal sistema maggioritario in un
tessuto politico disaggregato come era ed è rimasto quello italiano. Roma, 16
marzo 2016 |
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